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Esaurimento e stress da pandemia Covid. Giovani farmacisti: ecco come riconoscerli
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Perdita di appetito, affaticamento, declino fisico, disturbi del sonno, irritabilità, disattenzione. Questi i segnali che possono evidenziare una condizione di stress da lavoro e di esaurimento fisico.

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Perdita di appetito, affaticamento, declino fisico, disturbi del sonno, irritabilità, disattenzione, intorpidimento, paura e disperazione ma anche esaurimento emotivo, spersonalizzazione e scarsa realizzazione personale. Questo il quadro dei segnali che possono mettere in evidenza una condizione di stress da lavoro e di burnout. A parlarne è una comunicazione del Fenagifar che sul tema ha raccolto il commento di Francesca Lolletti, psicologa e psicoterapeuta.

Chi pensa al benessere psicologico dei farmacisti?

«Anche se non dall’ospedale, ma da dietro un bancone, il farmacista è stato sin da subito in prima linea nel fronteggiare l’emergenza sanitaria e sociale. I suoi strumenti, tra gli altri, sono stati sicuramente la parola, l’empatia, la rassicurazione, l’informazione, la presenza, la vicinanza» afferma l’esperta. E lancia una riflessione: «Senza il farmacista di fiducia, la sensazione di disorientamento che ognuno di noi ha sperimentato e continua a sperimentare, in questo periodo storico, sarebbe stata ancora più rilevante.

Per questo mi chiedo, chi si prende cura del benessere psicologico e del carico emotivo dei sanitari e in questo caso dei farmacisti?». Fenagifar sottolinea che durante questo anno di pandemia, “si è parlato ben poco dell’impatto psicologico avuto dalla nostra categoria” e ricorda come in un primo momento la reazione è stata quella di “dare supporto alla popolazione mettendo da parte le nostre paure, tuttavia a distanza di un anno, gli effetti della stanchezza stanno rendendo la vita lavorativa una fonte di ansia e di rifiuto”.

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Sintomi dello stress da lavoro e del burnout

Quali sono i principali sintomi dello stress da lavoro? E come saperli riconoscere? Per quanto concerne lo stress, segnala il Fenagifar, “si evidenziano: perdita di appetito, affaticamento, declino fisico, disturbi del sonno, irritabilità, disattenzione, intorpidimento, paura e disperazione”.

Ma, aggiunge, esiste anche il rischio di andare in burnout, cioè “la sindrome di esaurimento emozionale, di depersonalizzazione e di riduzione delle capacità personali che può presentarsi in soggetti che, per professione, “si occupano della gente”.


Secondo questo modello il burnout coinvolge quindi tre dimensioni:
– L’esaurimento emotivo si riferisce alla perdita di energia ed alla sensazione di aver esaurito le proprie risorse emozionali necessarie ad affrontare la realtà quotidiana; sintomo ricorrente è l’essere terrorizzati dall’idea di doversi recare al lavoro il giorno seguente.


– La depersonalizzazione si presenta come un atteggiamento di allontanamento e di rifiuto nei confronti di coloro che richiedono o ricevono la prestazione professionale, il servizio o la cura.


– La ridotta realizzazione personale si riferisce ad un sentimento di fallimento professionale: l’operatore percepisce la propria inadeguatezza al ruolo e al lavoro svolto.


In altre parole, il burnout scaturisce da un sostanziale squilibrio tra le richieste professionali e la capacità individuale di affrontarle ed esprime una sollecitazione emozionale di frustrazione e demoralizzazione. I farmacisti, infatti, a fronte dell’emergenza in atto, sono a rischio burnout a causa delle gravi conseguenze che hanno sul loro stato di salute il rischio di essere contagiati e di contagiare gli altri, l’elevato tasso di pazienti malati di Covid 19 a cui devono garantire continuità assistenziale tramite consegne a domicilio e consigli telefonici, lo stress fisico causato dai dispositivi di protezione e il continuo stato di allerta e vigilanza.

Infine, è noto che il rischio di burnout, può divenire un vissuto traumatico tale da generare, in un secondo momento, un disturbo post traumatico da stress. La diagnosi di quest’ultima, essendo una condizione di disagio mentale complessa e derivante da molteplici fattori, sia personali che ambientali, non è univoca né semplice ed è genericamente indicata come “la condizione di stress acuta che si manifesta in seguito all’esposizione a un evento traumatico”.

Psicologia d’emergenza, Psicoeducazione e ascolto attivo

Fenagifar conclude la trattazione con la dichiarazione di Beatrice Giacomi psicologa di Supporto psicologico Covid-19, Associazione nata a sostegno degli operatori sanitari durante il lockdown: «Fermandomi a pensare come mai si è parlato così poco di questa categoria tra le maggiormente esposte (di fatto lo è stata) al pericolo di contrarre il virus e al rischio di sviluppare una sindrome da stress lavoro correlato, mi è venuta in mente una parola: missione».

E con una riflessione: “Il sostegno psicologico risulta fondamentale in queste situazioni emergenziali poiché è in grado di favorire il benessere psico-fisico delle vittime tramite tre metodi fondamentali: la Psicologia d’emergenza, la Psicoeducazione, ed infine l’ascolto attivo”.

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